No a Draghi Presidente, a meno che … … …

No a Draghi Presidente, a meno che non vi sia già un accordo, condiviso dall’attuale maggioranza, su colui che andrà a sostituirlo a Palazzo Chigi. Il ragionamento è presto fatto e non ci vuole un particolare intelletto per potere giungere facilmente allo stesso. Da che mondo è mondo, gli interessi personali hanno sempre prevalso su quelli della collettività e l’attuale situazione politica non può che condurre alla conclusione sopra prospettata. Dal 2012, infatti, l’assegno vitalizio che spettava ai parlamentari al termine del loro mandato è stato sostituito con un trattamento pensionistico. La peculiarità di questo fondo è che, per avere accesso alla pensione, è necessario essere stato in carica per almeno 4 anni, 6 mesi e un giorno. Questo implica che i neoeletti della XVIII^ legislatura non avrebbero diritto alla pensione parlamentare, se le Camere venissero sciolte prima del 24 settembre 2022. In questa categoria rientrano il 68 per cento dei deputati e il 73 per cento dei senatori. E’, quindi, certo che questi, per non rinunciare a tale privilegio, faranno di tutto per proseguire la legislatura. Almeno sino alla data del 24 settembre 2022. In questo particolare momento storico, quindi, Draghi risulta essere l’unico capace di condurre in porto la XVIII^ legislatura. Facendo quindi maturare il diritto alla pensione dei suddetti parlamentari. Possibilità questa che, con la salita dell’attuale Premier al Quirinale, potrebbe essere garantita, solo ed esclusivamente, a patto che si raggiunga, anzitempo, un accordo, condiviso dall’attuale maggioranza di governo, su colui che andrà ad occupare la poltrona di palazzo Chigi.

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