Comune di Capo Peloro
Le ragioni per l’istituzione del Comune di Capo Peloro
Queste, in poche parole, le ragioni che ci inducono a ritenere necessaria l’istituzione del Comune di Capo Peloro. Anche su questo Blog sono state spesso esaltate le enormi potenzialità dell’area di Capo Peloro. Il territorio del Peloro, di cui fanno parte i borghi marinari di Torre Faro e Ganzirri, ha, infatti, un’indiscutibile vocazione natural-turistica, considerato il contesto ambientale in cui si trova, immerso tra due spettacolari laghi, campioni di biodiversità, ed uno splendido ed azzurro mare incontaminato. Si è anche detto che le amministrazioni comunali che si sono succedute nel corso degli anni, nonostante gli sforzi compiuti, non hanno soddisfatto le attese della gente che vi risiede. A Torre Faro, in particolare, la macchina amministrativa comunale sembra mettersi in moto solo tra il mese di giugno e quello di settembre, arrancando come meglio può, per poi spegnersi durante il resto dell’anno. Si è, più volte, ribadito che il decentramento amministrativo non può bastare, in special modo, così come lo si vorrebbe attuare. Tutto, infatti, secondo gli ultimi intendimenti assessoriali, si dovrebbe svolgere in pieno accordo e sinergia con il sindaco di Messina, come a dire “o così o non se ne fa niente“. Si è giunti, infine, alla conclusione che non sarebbe un azzardo affermare che Torre Faro, come Ganzirri, hanno bisogno più che di un decentramento di una vera e propria autonomia. Se questa è la conclusione, non vi è dubbio che tale fine si può attuare solo mediante l’istituzione del Comune di “Capo Peloro”.
Non è anacronistico parlare del Comune di Capo Peloro
Potrebbe sembrare anacronistico e contro tendenza parlare dell’istituzione del Comune di Capo Peloro, in un momento in cui le città metropolitane, oramai, sono diventate una realtà. Ma così non è, perché sono proprio le nostre leggi ad orientarci in tal senso. Basti pensare che già in sede di redazione della Carta Costituzionale i nostri padri costituenti hanno inserito l’art. 5 della Costituzione affermando che “La repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”. Ciò implica che è stato riconosciuto alle piccole comunità un particolare valore, una propria identità ed una propria autonomia organizzativa. La Costituzione, quindi, sancisce il principio del decentramento amministrativo e nello stesso tempo, affermando il carattere unitario dello Stato (la Repubblica è una e indivisibile), pone il solo limite al decentramento, nel momento in cui si vanifica la struttura dello stesso.
Disciplina, in pillole, per l’istituzione del Comune di Capo Peloro
L’istituzione di nuovi comuni è disciplinata, a livello costituzionale, dall’art. 133 Cost., comma 2. Il suddetto articolo così dispone; “La regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni”. La competenza, quindi, è demandata esclusivamente alla regione e il relativo procedimento è regolato da leggi regionali. Gli enti locali, comunque, sono chiamati ad intervenire nell’iter. Per l’istituzione dei nuovi comuni la legge regionale siciliana pone come unico requisito che la popolazione del costituendo comune non sia inferiore a 5.000 abitanti e che la popolazione del comune originario, detratta la popolazione che tende a staccarsi, non sia anch’essa inferiore ai 5.000 abitanti.
Il referendum delle popolazioni interessate
Alla costituzione dei nuovi comuni si provvede ovviamente con legge, previo referendum delle popolazioni interessate. Per “popolazioni interessate” si fa riferimento, in linea di principio, alla popolazione dell’intero comune che deve subire la modificazione. Ciò significa che la legge, per principio generale, stabilisce che alla consultazione referendaria debba partecipare tutta la popolazione residente nel comune. La Corte Costituzionale, tuttavia, ha sancito il principio che, per popolazione direttamente interessata, deve intendersi quella residente nelle aree destinate ad essere trasferite da un comune ad un altro. Ciò in quanto non può riconoscersi all’intera popolazione del comune coinvolto, un interesse qualificato per intervenire in procedimenti che riguardano parti di territorio al quale essa non abbia alcun diretto collegamento. Il legislatore siciliano ha recepito tale principio e a tale regola generale ha previsto una deroga nell’ipotesi di costituzione di un nuovo comune.
I requisiti per il referendum consultivo parziale
La consultazione referendaria non va riferita all’intera popolazione residente nel comune interessato alla variazione nell’ipotesi in cui: 1) – la variazione del territorio e della popolazione, rispetto al totale, risulti di limitata entità; 2) – la restante parte di territorio comunale non abbia un diretto collegamento con il territorio che tende a staccarsi. In tale ipotesi le popolazioni interessate aventi diritto a prendere parte alla consultazione referendaria sono costituite esclusivamente dagli elettori residenti nei territori da trasferire, come risultante dall’ultimo censimento ufficiale della popolazione. La consultazione referendaria è limitata agli abitanti residenti nel territorio che si vuole distaccare, a condizione che la variazione di popolazione non sia superiore al 30% della popolazione complessiva del comune. I residenti nel comprensorio di Capo Peloro (Torre Faro e Ganzirri) nell’ultimo censimento risultano abbondantemente al di sotto della citata soglia, rispetto alla popolazione complessiva del Comune di Messina. Pertanto, se la variazione della popolazione è inferiore al 30% si ricade nell’ipotesi di referendum consultivo parziale, con la conseguente necessità di valutare, in via di fatto, caso per caso, il diretto collegamento della restante popolazione con il territorio da scorporare, e, contestualmente, l’esiguità o meno delle variazioni di territorio e popolazione coinvolte.
Le valutazioni dell’Assessorato Regionale agli Enti locali
Da ciò consegue che, all’atto di indire il referendum consultivo, ai sensi dell’art. 10, comma 2, della L.R.30/2000, l’Assessorato Regionale agli Enti locali, in contraddittorio con i Comuni controinteressati e al termine di un’attività istruttoria particolarmente attenta e accurata, è tenuto a valutare caso, per caso, l’esistenza di tali elementi di fatto e solo in presenza di entrambe le condizioni la consultazione referendaria deve essere parziale, anzicché totalitaria.
L’iniziativa e la validità del referendum
L’iniziativa del procedimento di variazione spetta, oltre ai comuni interessati o alla giunta regionale, anche ad 1/3 degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune interessato e, nel caso che la consultazione referendaria non vada riferita all’intera popolazione, ma solo a coloro che hanno un diretto collegamento con il territorio, l’iniziativa compete ad un terzo degli elettori residenti nel territorio da trasferire. Il referendum, infine, è valido se vota la metà + 1 degli aventi diritto.